Allergeni, come leggere l’etichetta

Negli ultimi decenni, le allergie alimentari sono cresciute con costanza tra la popolazione italiana, arrivando a contare oggi oltre 1.800.000 persone che ne soffrono, cioè il 4% della popolazione.

Nello specifico, secondo le indagini Nielsen e del Ministero della Salute, in Italia sono circa 600.000 le persone allergiche al glutine e 305.000 soffrono di allergia al latte; tra le allergie più pericolose figura quella alle nocciole*.

Per la sicurezza del consumatore, l’Unione Europea prevede l’obbligo di inserire in etichetta, gli allergeni presenti negli alimenti in modo chiaro e facilmente distinguibile.

Cosa sono gli allergeni

Gli allergeni sono sostanze di origine vegetale o animale, solitamente innocue e presenti nell’ambiente, come pollini, alimenti, acari della polvere di casa, veleni d’insetti che, a contatto con alcune cellule del sistema immunitario scatenano una risposta che scaturisce in una reazione allergica.

Nei soggetti allergici il contatto tra allergene e il suo specifico anticorpo IgE provoca il rilascio di sostanze infiammatorie, come l’istamina, che può dare luogo a reazioni localizzate o coinvolgere altri organi, determinando in questo caso una reazione sistemica.*

Cosa sono gli allergeni negli alimenti

Il quadro clinico delle allergie alimentari può variare in base all’età del soggetto, all’allergene alimentare coinvolto e alla quantità di sostanza con cui viene a contatto il sistema immunitario.

Sebbene potenzialmente qualsiasi ingrediente può comportare una reazione allergica, tra gli allergeni degli alimenti sono presenti specialmente proteine e peptidi che possono scatenare una reazione immuno-mediata.

Caratteristica comune per quasi tutte le reazioni agli allergeni alimentari è l’immediatezza dell’insorgenza dei sintomi, in genere tra le 2 e le 4 ore successive all’assunzione dell’alimento coinvolto.

Lista degli allergeni alimentari

I soggetti interessati dalle allergie alimentari sono costretti ad eliminare l’allergene coinvolto dalla propria dieta, per cui diviene necessario non solo capire a quale alimento sia abbinato, ma anche se è eventualmente presente come ingrediente aggiunto.

Per tutelare il consumatore l’Unione Europea prevede l’obbligo di segnalare la presenza degli allergeni, o meglio degli alimenti ad essi associati, nelle etichette alimentari, stilando allo stesso tempo una lista degli allergeni che viene periodicamente aggiornata e integrata con il progredire della ricerca scientifica.

Attualmente la lista degli allergeni comprende 14 sostanze o prodotti che provocano allergie alimentari:*

  • Cereali contenenti glutine;
  • Crostacei o prodotti a base di crostacei;
  • Uova e prodotti a base di uova;
  • Pesce e prodotti a base di pesce;
  • Arachidi;
  • Soia;
  • Latte e derivati;
  • Frutta a guscio;
  • Sedano;
  • Senape;
  • Anidride solforosa e anidriti (in concentrazioni superiori a 10mg/Kg e 10mg/litro);
  • Lupini;
  • Molluschi e prodotti a base di molluschi.

Come indicare gli allergeni in etichetta

La norma che prevede l’obbligo di inserire in etichetta gli allergeni presenti tra gli ingredienti dei prodotti alimentari, pre-imballati e non, si rifà al Regolamento dell’Unione Europea 1169/2011.*

La fornitura d’informazioni al consumatore, nel principio della trasparenza e della protezione della salute, rientra tra gli obiettivi generali del regolamento che indica le modalità di applicazione della normativa in materia di etichettatura.

Per agevolare l’identificazione della presenza di un allergene da parte dei consumatori, la norma stabilisce che, qualora siano presenti uno o più ingredienti nella lista degli allergeni, questi devono essere inseriti con colore, dimensione o stile diverso rispetto a tutti gli altri ingredienti riportati in etichetta.*

Nel caso in cui nell’elenco siano indicati ingredienti generici, come oli o grassi ottenuti da ingredienti listati come allergeni, occorrerà inserire un apposito elenco che ne specificherà l’origine.

La norma sugli allergeni in etichetta si applica anche ai prodotti sfusi e a quelli somministrati in ristoranti e mense, che devono riportare la presenza di eventuali allergeni in maniera chiara ed esplicita sul menù o su tabelle affisse al muro.

Allergeni più diffusi

Tra gli allergeni di natura animale l’allergia al latte è la più diffusa e conosciuta e, assieme all’allergia alle uova, è tra i principali responsabili delle reazioni allergiche in età pediatrica, dovute all’immaturità dell’apparato gastro-intestinale dei bambini. L’allergia al latte vaccino colpisce tra il 2 ed il 7% dei bambini, ma nella maggior parte dei casi tende a scomparire dopo i primi tre anni di vita.

Le allergie ai molluschi e ai crostacei sono invece più frequenti tra gli adulti. L’allergene più diffuso tra questi è quello della tropomiosina che è stabile al calore e può innescare una reazione allergica nel consumo di crostacei sia crudi sia cotti.

Tra le allergie al pesce sono ben noti gli allergeni della parvalbumina, una proteina presente nel merluzzo e nel salmone e conosciuta come Allergene M.

Nella letteratura scientifica si registra un caso di anafilassi dovuto al consumo di patatine fritte in olio precedentemente utilizzato per friggere merluzzo (Yunginger et al. 1988).

L’allergia al grano e l’allergia al glutine hanno mostrato una crescita importante negli ultimi due decenni, determinando anche la nascita di mercati specifici con prodotti appositamente dedicati. Alcune proteine coinvolte nelle allergie al frumento risultano essere stabili alla denaturazione termica, con la possibilità di provocare una reazione allergica anche dopo la cottura.

L’allergia alla soia è anch’essa molto diffusa e si presenta con una certa frequenza (14-35%) tra i soggetti allergici al latte vaccino. Secondo l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) l’olio di soia sembra sia tollerato dai soggetti allergici, al contrario della lecitina di soia che pare sia in grado di innescare, seppur raramente, reazioni allergiche.

L’allergia al sedano infine, è spesso combinata con l’allergia ai pollini o di betulla e rientra tra le cosiddette allergie crociate (cross), capaci di scatenarsi da più sostanze apparentemente indipendenti.

 

Referenze:
*https://www.materdomini.it/malattie/allergia/

*https://www.pazienti.it/contenuti/malattie/allergene
*https://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_2788_allegato.pdf
*https://www.ilsole24ore.com/art/intolleranze-e-allergie-i-corsi-cuochi-e-addetti-cucina-AE0ExJNG
*https://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pagineAree_1460_0_file.pdf

*https://www.trovanorme.salute.gov.it/norme/renderNormsanPdf?anno=0&codLeg=40767&parte=1%20&serie=
*https://www.salute.gov.it/imgs/C_17_opuscoliPoster_215_allegato.pdf
*https://www.salute.gov.it/portale/nutrizione/dettaglioContenutiNutrizione.jsp?lingua=italiano&id=1460&area=nutrizione&menu=patologie
*https://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_2134_allegato.pdf

Aticelca: cosa significa e che valore ha sul pack

Per analizzare la riciclabilità degli imballaggi in carta le aziende possono richiedere la valutazione dell’Associazione Tecnica Italiana per la Cellulosa e la Carta – Aticelca – un network di tecnici ed esperti del settore cartario, fondato nel 1967.

Il bollino Aticelca® 501 è rilasciato al termine di un processo di valutazione del livello di riciclabilità dei prodotti a base cellulosica (carta e cartone), per ridurre i rifiuti derivanti dagli imballaggi e sostituirli con packaging riciclabili, anche nel settore alimentare.

Lo scopo è di comunicare al consumatore la riciclabilità degli imballaggi in carta su base certa e documentabile, coadiuvando le Aziende verso un cambiamento che abbraccia una metodica di riutilizzo dei materiali virtuosa e “circolare”, in primis per una questione ambientale.

Infatti, secondo uno studio della Commissione del Parlamento Europeo, i rifiuti derivanti dagli imballaggi nel 2017 hanno raggiunto nel vecchio continente la cifra record di 173 kg per abitante.*

Test Aticelca: in cosa consiste

L’Associazione, dal 2011 ha sviluppato un metodo di prova con l’intento di migliorare la definizione tecnica presente nella norma UNI EN 13430, che definiva i requisiti per gli imballaggi recuperabili per riciclo.*

Il metodo di prova ha poi continuato il suo iter di sviluppo con le revisioni del test Aticelca del 2013 e del 2017, diventando due anni più tardi Sistema di Valutazione in conformità alla neonata norma UNI 11743/2019.

Sistema di valutazione Aticelca 501

Il sistema Aticelca 501:2019* esprime una valutazione dei parametri più significativi che interessano il processo di riciclo, in cui si calcolano le componenti che possono impedire o ridurre l’efficienza di riciclabilità di un determinato campione a base cellulosica (carta e imballaggi in carta e cartone), con analisi di laboratorio condotte in conformità con la UNI 11743.

I parametri analizzati devono mostrare il grado di riutilizzo delle singole parti del materiale usato, andando a definire la capacità del prodotto testato per essere nuovamente lavorato in maniera efficace durante i processi di riciclo per produrre nuova carta.

Il sistema Aticelca 501 arriva così a stabilire un resoconto di valutazione dei prodotti a prevalenza cellulosica, su una scala divisa in cinque classi:

  • Livello A+;
  • Livello A;
  • Livello B;
  • Livello C;
  • Non riciclabile con la carta.

Se il prodotto rientra in una delle classi di riciclabilità (A+, A, B, C), vuol dire che può essere raccolto nella carta e riciclato nelle cartiere e l’azienda è autorizzata a utilizzare il bollino Aticelca 501 anche a fini commerciali.

Tutto questo è oggi necessario per allinearsi ad un progetto globale di economia circolare, in cui l’ambiente e le tematiche riguardanti il riciclo dei materiali sono concepite come prioritarie sia dalle Istituzioni sia da Aziende e Cittadini.

Economia circolare: cosa s’intende

Propugnata dalla Direttiva 94/62* dell’Unione Europea, e in seguito rivista con la 2018/852*, l’economia circolare (circular economy) comprende tutte le attività messe in campo per affrontare le sfide ambientali.

Il cambio di rotta intrapreso con le direttive del 1994 e, poi rafforzato con quella del 2018, prevede che entro il 2030 tutti gli imballaggi sul mercato UE siano riutilizzabili o riciclabili, garantendo così la circular economy del packaging.

Il valore del packaging green

Le difficoltà maggiori, da questo punto di vista, riguardano proprio gli imballaggi del comparto alimentare, dove la ricerca di materiali riciclabili non può prescindere dalla capacità di conservazione degli alimenti.

Su questo fronte uno dei settori più critici è senz’altro quello dei surgelati. Qui, la ricerca della cartotecnica si è concentrata su imballaggi leggeri, tecnologicamente avanzati e in grado di essere utilizzati anche nella catena del freddo.

Lo sviluppo di pellicole ultrasottili e il loro accoppiamento a supporti riciclabili come la carta, ha permesso di produrre packaging sostenibili in grado di ridurre l’impatto ambientale, pur mantenendo inalterati i requisiti necessari per la conservazione dei prodotti surgelati.

Definizione di packaging alimentare

Nella definizione di packaging alimentare rientrano tutti gli imballaggi in grado di contenere gli alimenti, dal confezionamento sino alla corretta conservazione dei prodotti nella propria cucina.
Le principali funzioni del packaging alimentare sono:

  • Contenere il prodotto;
  • Rispondere alla logistica dello stoccaggio e del trasporto;
  • Proteggere gli alimenti dagli agenti esterni;
  • Veicolare il marketing del prodotto;
  • Consentire la conservazione ottimale degli alimenti;
  • Fornire un confezionamento pratico per il consumo domestico.

Economia sostenibile

Sebbene il packaging eco friendly rappresenti oggi anche uno strumento di marketing, le aziende che come FRoSTA scelgono di eliminare sin da oggi gli imballaggi non riciclabili, come prefissato dall’Unione Europea entro il 2030, dimostrano una maggiore consapevolezza ambientale, incontrando la crescente domanda di consumatori sempre più responsabili.

 

Fonti e riferimenti: